Destinazione Polonia- un servizio silenzioso
“Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione. Gli si fece vicino”.
Una delle domande più frequenti che ci sono state poste a Cracovia è “di dove siete?”, aspettandosi una sola città come risposta. E invece i 9 ragazzi e ragazze che sono arrivati qui in Polonia vengono da quasi altrettante località dell’Italia Centrale. Prima di venire qui, anche noi come il buon samaritano eravamo ognuno nel proprio viaggio e percorso. Mentre facevamo buoni propositi a capodanno non ci aspettavamo una guerra in Europa, fino a Marzo non sapevamo ci sarebbe stata una proposta per aiutare un’Ucraina devastata da un’insensata invasione “di quell’uomo pazzo” come lo chiamano qui.
E invece accanto ci è passata questa proposta. Era facile non notarla, facile dire di no perché i piani erano altri, c’era altro nelle nostre menti. Venire è stato un salto nel buio, un mettersi a servizio senza sapere prima il come e il dove.
Arrivati lì, l’esperienza è stata un mettersi a servizio con fiducia e disponibilità. La comunità polacca, rappresentata fortemente da Don Marcin, ha accolto i rifugiati ucraini facendo di tutto per creare una comunità indipendente, una vera casa lontano da casa. Li hanno protetti da giornalisti, persone che cercano più l’esperienza di cui parlare che non l’aiutare davvero il prossimo. In pratica, abbiamo dovuto accettare il non aver a che fare con loro, rispettare i loro ambienti e limiti.
Il servizio è stato invece con i confratelli salesiani e tutta la comunità che li aiuta a portare avanti il centro. Abbiamo restaurato un parco missionario, rinnovato una chiesa e tanti altri servizi. Ci si potrebbe chiedere: cosa c’entra tutto questo con l’Ucraina? In senso pratico, stavamo sia contribuendo a creare spazi belli per la loro comunità, sia liberando persone più attrezzate di noi (sia linguisticamente che in esperienza) per passare più tempo con loro invece che sulle impalcature di una chiesa. In senso spirituale, è stato scoprire nel quotidiano quelle parole sentire e cantate così tante volte: amare è servire.
Nelle parole di don Marcin, abbiamo fatto un servizio silenzioso, che non ha bisogno di farsi vedere e lodare. La comunità ucraina era perfettamente a conoscenza della nostra presenza e del nostro contributo, senza bisogno di intrudere nella loro quotidianità. E nell’ultimo pasto a Cracovia, vissuto con i profughi, abbiamo potuto finalmente conoscere il fratello che si vede.
Il servizio è stato fatto, ma anche ricevuto. È davvero difficile pensare come una comunità avrebbe potuto accoglierci più familiarmente di quella polacca. Preti e chierici che ci hanno trattato con la fraternità che ti aspetteresti da chi conosci da sempre, lavoratori che tra una mansione e l’altra scherzavano e ci parlavamo della loro vita. Ma anche giovani di Cracovia, animatori come noi, che ci hanno mostrato la loro città e parlato come se si fosse amici da una vita.
Parafrasando Don Marco, abbiamo dato ciò che potevamo nel nostro piccolo, e ricevuto come più non avremmo potuto ricevere.
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